SENTIERI SELVAGGI – il capolavoro di John Ford in versione restaurata

Giovedì 20 febbraio, alle ore 20:45, il capolavoro di John Ford, il film che ha segnato in maniera indelebile la storia del cinema western, il punto di non ritorno della classicità hollywoodiana. Basta il titolo: SENTIERI SELVAGGI.

SENTIERI SELVAGGI (The Searchers) di John Ford
Usa/1956 | 119’ | versione originale, sott. italiano

Restauro digitale realizzato da Hollywood Classics.
ingresso: €6,00
introduce: Ivan Cipressi, Libreria di Cinema Teatro Musica

Tre anni dopo la fine della guerra di Secessione, Ethan torna a casa, dove ritrova il fratello, la cognata, le loro due figlie Debbie e Lucy e il figlio adottivo Martin, di origine indiana. Un giorno arriva alla fattoria il reverendo Clayton e convince Ethan e Martin a unirsi a loro per dare la caccia agli indiani che razziano il bestiame. Ma mentre gli uomini sono via, i Comanches attaccano la fattoria, massacrano i genitori e rapiscono le due ragazze. Inizierà una ricerca di anni per riportare a casa almeno la piccola Debbie. Capolavoro western di John Ford. Uno dei film più citati della storia del cinema.

Considerato dall’American Film Institute come il dodicesimo film più bello della storia del cinema, Sentieri Selvaggi – titolo originale The Searchers – è basato sull’omonimo romanzo di Alan Le May, che condusse personalmente ricerche su 64 casi di bambini rapiti dagli indiani. Ambientato in un décor desertico, astratto, che evoca la tragedia antica, il film è ricco di momenti indimenticabili, in cui risuonano i mille significati del mito del West e insieme gli archetipi culturali americani: il rapporto tra la legge e l’etica, la necessità della violenza, la libertà dell’individuo sacrificata alle esigenze della collettività, il confronto tra l’adolescenza e l’età adulta, il viaggio e la scoperta dell’altro, l’orrore della contaminazione sessuale, il rapporto con una natura aperta e selvaggia. Universalmente riconosciuto, oggi, come uno dei massimi capolavori di Ford e del genere western in assoluto, il film suscitò reazioni molto contrastanti all’uscita nei cinema – nel 1956 – ed ebbe fra i suoi detrattori proprio alcuni dei più affezionati fan del vecchio maestro. [Longtake]

Scampoli di mitologia americana in uno dei film più amati di John Ford. “Cosa spinge un uomo a vagabondare, cosa o spinge a vagabondare senza meta” dice la canzone nei titoli di testa. Dissolvenza in nero. Dall’interno di una piccola casa si apre la porta che dà sul mito. Sin da questa prima famigerata inquadratura (Ethan sullo sfondo che ritorna; Martha che esce dalla casa andandogli incontro) si delinea il conflitto che costituisce uno degli archetipi della cultura americana, quello tra la casa/civiltà/famiglia e deserto/barbarie/vagabondaggio. Si disegnano precisi, geometrici rapporti spaziali tra il “dentro”/”fuori” ed i vari personaggi. L’interazione fra spazio e personaggio costituisce una delle matrici narrative del film di Ford e del racconto in generale, ben descritte da Gardies nel famoso saggio “L’espace au cinéma”. Ethan, muovendosi dal “fuori” al “dentro” (che non sono luoghi fisici ma spazi che definiscono una precisa condizione esistenziale), finirà, alla fine del film, col ritornare definitivamente nel deserto. Da un’iniziale “relazione di disgiunzione”, il protagonista, a seguito di un disequilibrio (il massacro della famiglia e il rapimento di Debbie e Lucy), è congiunto a esso prima di ritrovarsi nella disgiunzione di partenza.

Duramente criticato e accolto tiepidamente dal pubblico, “Sentieri selvaggi” fu l’ultimo film prodotto dalla Argosy, società di produzione fondata dallo stesso Ford e da Merian Cooper. Accusato dalla miope critica di razzismo, è in realtà sottilmente pervaso da un’ambiguità che non concede nulla al manicheismo: Ethan è un personaggio insieme fragile e crudele, lacerato per i motivi sopradetti, crepuscolare e “finale”; la rappresentazione dalla vita nella tribù è tutt’altro che offensiva ed il capo tribù Scar costituisce l’altra faccia dello specchio su cui si riflette un eroe giunto al crepuscolo. Quello dei vagabondi e degli indiani è il medesimo mondo in decadenza, destinato ad essere schiacciato dalla legge e dall’ordine imposti dalla civiltà (vedere “L’uomo che uccise Liberty Valence”).
Come tutti i cinefili sanno, Jean Luc Godard disse, parlando di “The Searchers”, che l’amore che si prova per Wayne quando solleva Natalie Wood nel finale “racchiude il mistero e il fascino del cinema americano”. [Manuel Bill, Spietati]

CINEMA TEATRO BELLINZONA
Via Bellinzona 6 – BOLOGNA

parcheggio gratuito in cortile interno