VITA PRIVATA DI SHERLOCK HOLMES di Billy Wilder

Una tazza di tè per BILLY WILDER e SHERLOCK HOLMES. Un binomio geniale per un film che lo stesso Wilder ha definito “il più elegante che io abbia mai girato”. 

E sarà proprio all’insegna dell’eleganza la proiezione speciale di ‘The Private Life of Sherlock Holmes’, come voleva Wilder, con un INTERMEZZO musicale – dal concerto di Miklos Rozsa che fa da colonna sonora al film – e una TAZZA DI TÉ e biscotti in chiostro!

Giovedì 20 APRILE, ore 20:30
VITA PRIVATA DI SHERLOCK HOLMES

(The private life of Sherlock Holmes)
di Billy Wilder [GB/1970, 125′]
vers. originale, sott. italiano

Introducono:
IVAN CIPRESSI (Libreria di Cinema, Teatro e Musica)
EMANUELA MARCANTE (Il Ruggiero)

☕ INTERMEZZO con TÉ CALDO e biscotti in chiostro ☕

Intero: €6,00
Ridotto: €5,00
per chi si presenta in abiti vittoriani – ogni cappello alla Sherlock, fez, cravatta o crinolina di sorta sono ben graditi!

Un’attraente donna (Geneviève Page) denuncia la scomparsa del proprio marito. L’indagine conduce Sherlock Holmes (Robert Stephens) e il Dr. Watson (Colin Blakely) in Scozia, dove, con loro grande sorpresa, scoprono un complotto che coinvolge una società clandestina, i servizi segreti di sua Maestà e il mostro di Loch Ness. Ma Holmes, prima di giungere al famoso “elementare”, commette un errore che potrebbe mettere a repentaglio la sicurezza della Gran Bretagna e rovinargli la reputazione.

«’The Private Life of Sherlock Holmes’ is not a comedy and it’s not serious.» [Alan Barnes, ‘Sherlock Holmes on Screen, the complete film and TV history’, Reynold & Hearn Ldt, London]

‘Un uomo molto intelligente è tormentato dalla scarsità di stimoli che negli ultimi tempi il suo lavoro gli offre, e il suo storico collaboratore cerca invano di distoglierlo dall’alternarsi di cupa depressione e scoppi d’ira. I due uomini sono amici da tempo, e la diversità dei rispettivi caratteri (mercuriale l’uno, più pacato l’altro) ha portato con sé battibecchi, a volte litigi, sempre rientrati grazie all’affetto che li lega. Negli ultimi tempi gli incarichi di lavoro si sono molto diradati e l’umore del più famoso dei due amici non fa che peggiorare, nonostante il secondo profonda tutti i suoi sforzi per cercare di sollevarlo. Finché un giorno un incarico complesso ma affascinante torna a coinvolgerli…

Se a Sherlock Holmes e al dottor Watson sostituiamo i nomi di Billy Wlder e di I. A. L. Diamond la gestazione e l’incipit di Vita privata di Sherlock Holmes potrebbero (molto wilderianamente) confondersi. 1970: sono passati quattro anni da “Non per soldi… ma per denaro”, commedia di acuminata perfezione e cocente insuccesso, il secondo di seguito dopo quello, clamoroso, di “Baciami stupido”. Quattro anni tra un film e l’altro e due insuccessi di seguito sono tanti, per Hollywood e soprattutto per Wilder, che torna su un progetto nato all’epoca di “Testimone d’accusa”: un film sul lato oscuro della personalita’ di Sherlock Holmes, ispirato al personaggio di Conan Doyle (di cui il regista è un grande appassionato), ma su sceneggiatura originale dello stesso Wilder e di Diamond.

La prima idea (che sfuma rapidamente) è di realizzare un musical per Broadway con Rex Harrison, poi si pensa a un film e Jack Lemmon si candida alla parte di protagonista, ma questo lo trasformerebbe in una parodia, e Wilder non lo vuole assolutamente. Gli attori ideali per i ruoli di Holmes e di Watson sono, secondo il regista, Peter O’Toole e Peter Sellers: ma le pretese economiche del primo sono insostenibili, e i rapporti col secondo molto difficili. “Peter Sellers era pazzo – ricorda Wilder – , ma pazzo davvero. È stato estenuante aver a che fare con lui. Gli ho dato anche soldi in prestito, mai restituiti”. Sfumati i grandi nomi la scelta si orienta verso un attore di teatro inglese, Robert Stephens, che consiglia per il ruolo di Watson Colin Blakely. Del cast faranno parte anche Genevieve Page (Gabrielle/Ilsa) e Cristopher Lee nella parte del fratello di Holmes, Mycroft.

La musica di Miklos Rosza, (gia’ determinante per l’atmosfera inquietante di La fiamma del peccato e Giorni perduti) ha un ruolo molto importante nella struttura del film, che Wilder pensava in quattro episodi scanditi dai quattro movimenti del concerto per violino e orchestra del grande musicista. La complessa scenografia viene affidata, come per “Irma la dolce”, ad Alexander Trauner, grande scenografo di leggendario perfezionismo. Il suo lavoro, da Les enfants du paradis in poi, e’ immediatamente riconoscibile per il dettaglio dei particolari e il senso di realismo che le scene (edifici costruiti realmente, strade acciottolate) restituiscono. Il limite consiste nella difficoltà di illuminare quelli che sono in tutto e per tutto ambienti reali, e nel costo e nei tempi della loro realizzazione.

Anche nei rapporti con gli attori le cose filano tutt’altro che liscie. Robert Stephens vive un periodo difficile: il recente divorzio da Maggie Smith lo fa soffrire molto, è il momento peggiore per fronteggiare l’inflessibile perfezionismo di Wilder. Alla fine di una giornata più dura delle altre l’attore beve un’intera bottiglia di whisky e assume sonniferi. Viene ricoverato in ospedale e salvato, ma il recupero non sarà breve.

Quattro movimenti del concerto di Rosza, quattro episodi, si diceva. Ciò che li accomuna è lo scacco che l’intelligenza di Holmes subisce. Il film avrebbe dovuto mostrare le origini della misoginia e della nevrosi di Holmes, dagli anni del college in cui giovanissimo ha un’infelice esperienza sentimentale, fino a diversi “casi” in cui la sua intelligenza deduttiva subisce una serie di insuccessi. Purtroppo il gonfiarsi dei tempi e dei costi spinse la produzione a ridimensionare drasticamente la struttura del film: due episodi vennero girati solo in minima parte (sono rimaste foto della sequenza ambientata in una stanza coi mobili capovolti che suscitava lo sconcerto di Holmes) e uno, ambientato su una nave da crociera, venne girato e eliminato.

“La vita privata di Sherlock Holmes” è un doppio paradosso: e’ probabilmente il film più travagliato di Wilder, quello più colpito dalla sorte, ma nello stesso tempo quello più amato dal regista (“è sicuramente il mio film più elegante”) e, pur cosi’ mutilato, uno dei suoi più belli, malinconici e intimi. In un primo episodio, ambientato al Teatro dell’Opera, Holmes, invitato da una stella della danza russa a procreare un figlio con lei, declina la sua offerta rivelando le inclinazioni sessuali che l’hanno condotto alla vita felice con un altro uomo, e suscita cosi’ l’ira di Watson. “Ma dopo tutto – si consola il buon dottore – di che cosa mi preoccupo? Le donne di tre diversi continenti possono testimoniare per me! E sicuramente chissà quante, anche per lei… Forse è una domanda indiscreta, ma… Ci sono state donne nella sua vita?” “La risposta è si’ (visibile sollievo di Watson). La sua è una domanda indiscreta.”

Come sappiamo il primo episodio avrebbe dovuto spiegare le origini della misoginia di Holmes in un trauma sentimentale/sessuale giovanile, mostrare le premesse degli atteggiamenti di nevrotica autodifesa che segnano i rapporti dell’ investigatore con le donne. E anche al centro dell’episodio successivo, il più compiuto, c’è l’irruzione di una giovane, raccolta di notte dalle acque del Tamigi, nella vita di Holmes. L’enigma che porta con sé è nulla rispetto al mistero di ciò che ha generato nel detective la sua apparizione. Anzi, come succede in Giorni perduti, in cui una bottiglia viene fatta trovare per nasconderne un’altra, qui sono proprio le cose che si rivelano completamente diverse dalla loro apparenze (cigni che diventano principesse, poliziotti che sembrano terrorizzati ma sfuggono a un’innaffiatrice, bambini che si scoprono nani, mostri che sono sommergibili, monaci in realta’ spie, canarini che cambiano colore) a celare al detective qualcosa di misterioso nella sua semplicità: il turbamento di fronte al fascino femminile e a ciò che suscita in lui. Holmes ha ragione: entrambi, lui e Mycroft, sono stati sconfitti da una donna. Ma mentre la regina Vittoria, che non puo’ concepire l’adozione di uno strumento bellico così antisportivo come un sommergibile, ha davvero sconfitto Mycroft per cui infliggere un colpo alla Prussia era il vero obiettivo, il complicato e barocco gioco di specchi da cui rimane invischiato non era la vera partita che il detective stava giocando e che ha perso.

È come nei giochi di prestigio: mentre l’illusionista attira la nostra attenzione sulla mano destra, è nella mano sinistra che accadono le cose importanti. L’enigma da risolvere non è stato ordito da Ilse von Hoffmasthal, l’enigma “era” Ilse von Hoffmansthal: quando ha confuso le due cose l’investigatore ha commesso l’errore fatale. Ricordiamo. Come Holmes è devoto al processo deduttivo, così Wilder lo è alla razionalità e alla bellezza poetica della struttura in tre atti. Alla fine del terzo atto il protagonista deve decidere chi è e fare la sua scelta. In quel vagone letto così caro ai turbamenti erotici dei personaggi di Wilder (dal Kirby di Frutto proibito a Jerry di A qualcuno piace caldo) Holmes poteva fare la scelta di diventare un felice Mr. Ashdown, il nome da marito di Ilse che lei mantiene per il suo ultimo incarico e con cui viene fucilata.

Nel momento in cui ha chiuso le tendine della sua cuccetta ha deciso di restare il detective privato più famoso del mondo, con le proprie nevrosi, le melodie struggenti di Rosza per il suo violino e l’astuccio della siringa ipodermica sulla mensola del caminetto. La soluzione dell’enigma, che insieme alla felicità Ilse gli ha proposto e che lui ha respinto, era in uno dei più grandi aforismi dello scrittore di cui aveva assunto il nome, Hugo von Hoffmansthal: “La verità va nascosta. Dove? Alla superficie”.’ [IVAN CIPRESSI]

CINEMA TEATRO BELLINZONA
via Bellinzona 6 – BOLOGNA 
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