L’AMICO AMERICANO di Wim Wenders – in versione restaurata

Continua la retrospettiva dedicata a WIM WENDERS con quella che viene considerata l’opera cardine della sua filmografia: L’AMICO AMERICANO, adattamento del romanzo di Patricia Highsmith ‘Ripley’s Game’, giovedì 10 novembre.

Giovedì 10 NOVEMBRE, ore 20:30
L’AMICO AMERICANO

Der amerikanische Freund
di Wim Wenders [RfT-Francia/1977, 125′]
vers. restaurata, in lingua originale, sott. italiano

Ingresso: €6,00
Acquista online: https://bit.ly/3T4bZLn

Introduce, da remoto:
EMANUELA MARCANTE 
Il Ruggiero, ricercatrice e performer

Un corniciaio con pochi mesi di vita (Bruno Ganz) si lascia convincere dal losco Ripley (Dennis Hopper), un avventuriero americano che traffica arte contraffatta, a uccidere un uomo nella metropolitana di Parigi in cambio di una somma di denaro che potrebbe assicurare il benessere della sua famiglia dopo la sua morte.

È stato il film che per primo ha consacrato sulla scena internazionale il talento di Wim Wenders. Anima cinefila mitteleuropea, imbevuta di amore per il cinema statunitense e diffidenza verso la macchina produttiva hollywoodiana, Wenders, con questo film girato tra Amburgo, Parigi e New York ha realizzato una delle sue opere più riuscite. Abbastanza diverso nella trama rispetto al romanzo, è un thriller psicologico in cui la tensione si costruisce attraverso un’ eccellente caratterizzazione dei due personaggi principali. Bruno Ganz è perfetto nel dare corpo a un uomo ontologicamente impossibilitato al male che, nella debolezza della malattia, cede alla fascinazione fatale verso il suo amico americano. Dennis Hopper è il suo ideale contraltare: subdolo, sfuggente trafficante di falsi d’autore, cerca nell’amicizia virile una redenzione che gli viene negata dalla sua stessa natura. A completare il cast, un nutrito gruppo di cineasti in ruoli chiave della vicenda. Su tutti Nicholas Ray e Samuel Fuller, rispettivamente nei panni di un falsario di quadri e di un gangster. Splendida la fotografia di Robby Muller, ispirata alle vedute metropolitane di Edward Hopper e giocata sui cromatismi del verde e dell’arancio delle luci a neon. [Longtake]

Ispirato dai quadri di Edward Hopper, Wenders chiede dei colori caldi, febbrili, avvolgenti e il direttore della fotografia Robby Müller si inventa i kino-fows, luci fluorescenti dal forte potenziale evocativo. Molto suggestive le scene di Parigi con la evidente influenza della luce di Storaro per Ultimo tango a Parigi, con un medesimo movimento di macchina che dall’alto si porta verso il basso a inquadrare Marlon Brando/ Bruno Ganz. Il dividere l’azione tra New York, Amburgo e Parigi consente un continuo cambio di sfondo che amplifica la distanza tra i due protagonisti e il mondo circostante. Terra e acqua (di mare o di fiume), sempre separati da una striscia invisibile, inafferrabile. In questi vuoti, in questi silenzi viaggia il cinema di Wenders. Sguardi smarriti fuori dalla finestra, confusioni, solitudini, problemi di vista (il pittore Derwatt si chiude un occhio per provare ad accomodare): pur cambiando il continente di riferimento la ricerca di senso rimane la stessa. L’occhio con cui viene guardata l’America è quello di un europeo che prova ad uscire dalla sua cornice di riferimento: vi è un misto di attrazione e repulsione; da una parte il mito (Nick RaySamuel Fuller che interpretano rispettivamente il ruolo del pittore Derwatt e del gangster l’Americano) dall’altra la mancanza di un confine, di un limite, la ipertrofia spaziale che si tramuta in spaesamento temporale (“so sempre di meno chi sono io e chi sono gli altri…”). [Fabio Fulfaro, Sentieri Selvaggi]

CINEMA TEATRO BELLINZONA
via Bellinzona 6 – BOLOGNA
parcheggio gratuito in cortile interno