IL LUNGO ADDIO di Robert Altman | 50° ANNIVERSARIO

Compie 50 ANNI una pietra miliare del noir anni Settanta, un’altra acuta demistificazione del genere e delle sue grammatiche costitutive per mano di Robert Altman. IL LUNGO ADDIO [The long goodbye] torna nella nostra sala giovedì 2 marzo!

giovedì 2 MARZO, ore 20:30
IL LUNGO ADDIO
The Long Goodbye

di Robert Altman [USA/1973, 112′]
lingua originale, sott. italiano

Introduce:
LEONARDO GANDINI

Docente di Storia ed Estetica del Cinema
Università di Modena e Reggio Emilia

Ingresso: €6,00
Acquista ONLINE: https://bit.ly/3ZcABWf

L’investigatore Philip Marlowe (Elliott Gould), detective dai modi spicci e dalla smorfia burbera e tagliente, fa un favore a un amico (Jim Bouton) che però è accusato di un uxoricidio per il quale è sospettato lo stesso detective. Quando il marito della donna si suicida incolpandosi, tutto sembra quadrare alla perfezione e Marlowe viene rilasciato dopo un iniziale fermo. Le sue indagini successive conosceranno però non poche sorprese.

Decisi che la macchina da presa non dovesse mai smettere di muoversi. Fu una scelta arbitraria. Spesso la panoramica non corrispondeva all’azione, di solito anzi andava nella direzione opposta…secondo me in molti film tutto risulta sin troppo bello, io invece non illumino i primi piani, sono pronto ad accogliere ciò che succede. più l’aspetto è grezzo e più si adatta ai miei scopi“. R. Altman

Ha già detto tutto Altman, in fondo. Si perché è proprio in questo “andare nella direzione opposta all’azione” che si annida la grandezza del suo cinema, è in quell’essere “pronto ad accogliere ciò che succede” che si manifesta  l’urgenza di una nuova coscienza estetica nel cuore dei fatidici anni ’70. E allora cosa spinge Altman ad accettare la proposta di adattare Il lungo Addio(1953) di Raymond Chandler e ri-portare sul grande schermo l’icona Philip Marlowe? Le fonti sono naturalmente l’hard boiled e il noir anni ‘40, ai limiti del cinema classico, dove Howard Hawks e Humphrey Bogart dettano i codici di riferimento e dove addirittura la stessa sceneggiatrice Leigh Bracket torna a scrivere questo nuovo Marlowe nel 1973. Ma se il tono, la fonte letteraria e persino la penna in sceneggiatura sono le stesse de Il Grande Sonno… allora è decisamente qualcos’altro che si arroga il compito di segnare il tempo. Ecco: la regia di Altman è di per sé un magnifico e straziante lungo addio al cinema classico, urlato in inquadrature senza più centro, in perenne movimento instabile, tentando di star dietro un protagonista che va a zonzo nei segni di un cinema costantemente messo in abisso da superfici riflettenti (vetri, specchi, quadri, acqua, ecc) nell’impossibilità di trovare un referente a quelle immagini che non sia il riflesso della Hollywood che fu. Con tutta la nostalgia che questa consapevolezza si porta dietro. Il sublime divenire confuso e sornione di Elliot Gould (debitore di Bogart, certo, ma nel contempo anni luce lontano dal pragmatismo del divo anni ‘40) è commovente nel suo essere perennemente fuori posto, fuori tempo, ironico eppure lacerato nell’anima; capace ancora di credere nelle femme fatale o nelle amicizie virili eppure costretto a infrangere per sempre quel velo immaginario nello sconvolgente finale. [Pietro Masciullo, SentieriSelvaggi]

CINEMA TEATRO BELLINZONA
via Bellinzona 6 – BOLOGNA
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