COME ERA VERDE LA MIA VALLE di John Ford in versione restaurata

Giovedì 7 febbraio, alle ore 20:45, un’altra perla cinematografica restaurata, distribuita da Park Circus: ‘COME ERA VERDE LA MIA VALLE (How green was my valley)‘ del 1941, un capolavoro di John Ford, il più grande narratore della storia del cinema, vincitore di 5 premi Oscar.

HOW GREEN WAS MY VALLEY
di John Ford, USA/1941, 118′, dcp
versione originale, sott. italiano

introduce: Ivan Cipressi [Libreria di Cinema Teatro Musica]
biglietto unico: €6,00

1800. In un piccolo villaggio di minatori del Galles, negli anni a cavallo tra Otto e Novecento, i Morgan trascorrono una vita semplice divisa tra il lavoro in miniera e le attività domestiche. La storia è narrata dal punto di vista del piccolo Huw, che ripercorre gli anni della sua giovinezza e le persone che l’hanno segnata: il padre, la madre, i fratelli e il reverendo Gruffydd, tutti tesi all’educazione del ragazzo. Nel breve volgere di pochi mesi Huw sperimenterà in prima persona i drammi della vita e la morte delle persone care.

Tratto dal celebre romanzo di Richard Llewellyn, la cui vicenda è in un certo modo accostabile a ‘I Malavoglia’ di Giovanni Verga, è una nostalgica saga familiare che, attraverso il racconto della disgregazione del nido domestico, mette in scena il tramonto irreversibile della genuinità arcaica di fronte al progresso. Il respiro naturalista si contamina così con il melodramma, mentre l’adozione del punto di vista del piccolo Huw non impedisce al regista di soffermarsi con delicatezza sulla sfortunata storia d’amore tra Angharad (Maureen O’Hara) e il pastore Gruffydd (Walter Pidgeon) così come di insistere sul tema civile delle condizioni dei minatori. Emerge il grande senso plastico di ogni inquadratura e sono diverse le pagine struggenti: dal prologo di grandiosa bellezza alle scene dei canti degli operai, fino al drammatico finale. Ford conquista per la prima e unica volta l’Oscar al miglior film, vinto insieme ad altre quattro statuette: regia, attore non protagonista (Donald Crisp), fotografia (Arthur C. Miller) e scenografia (Richard Day, Nathan Juran, Thomas Little).

«Il grande regista western abbandona per un istante cavallo e winchester per ritornare su tematiche sociali a un anno di distanza da Furore (1940) ma, diversamente dal film tratto dal romanzo di Steinbeck, qui la polemica cede il passo ad un realismo che sa andare oltre l’ideologia. Pur nel disfacimento di una grande famiglia patriarcale e nel susseguirsi continuo delle disgrazie, il film racconta con profondo sentimento dinamiche e tensioni familiari, testimoniando la dimensione bellissima del canto popolare e della solidarietà operaia.

Ci sono scene che toccano lo spettatore come poche altre nella storia del cinema; ad esempio quella in cui la madre (vittima di un incidente invernale assieme al figlio più piccolo) riprende a camminare dopo molti mesi trascorsi forzatamente a letto e tutto il paese la viene a salutare sulla soglia per festeggiarne i primi passi e il ritorno alla vita comune. Indimenticabili le lunghe sfilate dei lavoratori verso la miniera, la cui sirena annuncia troppo spesso un nuovo lutto, o l’amore, confessato a fior di labbra, tra il pastore Gruffydd e la giovane Angharad (una splendida Maureen O’Hara) sorella del protagonista. Se l’emigrazione di alcuni membri della famiglia, resa necessaria dalla grande indigenza, o la morte in miniera del vecchio Morgan divengono ben presto segni evidenti della fine di un’epoca (che il narratore racconta con trasporto ma anche con il distaccato disincanto dell’età avanzata) non per questo i valori che la sorreggevano hanno smesso di svolgere la loro funzione: di fronte al capolavoro di John Ford lo spettatore è chiamato a riconoscerne la forza positiva e ragionevole di un realismo familiare incentrato sulla dimensione comunitaria e sulla semplicità del quotidiano.» [Pietro Montorfani, sentieridicinema.it]

CINEMA TEATRO BELLINZONA
via Bellinzona 6 – BOLOGNA