LES PARAPLUIES DE CHERBOURG torna al Bellinzona per l’omaggio a Michel Legrand

Anche Michel Legrand – pianista, compositore e direttore d’orchestra vincitore di tre premi Oscar – ci ha lasciato, e ci sembra doveroso omaggiarlo, martedì 29 gennaio, alle ore 20:45, con una proiezione speciale di uno dei film che più abbiamo amato durante questi sei anni di programmazione: LES PARAPLUIES DE CHERBOURG, l’opera che consacrò il talento di Jacques Demy, cantore dei sentimenti che trovò nella purezza della musica di Legrand il veicolo ideale per trasmettere la sua leggerezza di tocco senza eccessi né forzature.

LES PARAPLUIES DE CHERBOURG
di Jaques Demy, Fra/1964, 92′
lingua originale – sott. italiano
Introduce: IVAN CIPRESSI [Libreria di Cinema Teatro Musica]

ingresso €5,50
ridotto: €4,50 – Studenti, Soci Coop, Asso-Doc, Metro-Polis e convenzionati

1957. La commessa in un negozio di ombrelli Geneviève (Catherine Deneuve) e il meccanico Guy (Nino Castelnuovo) si promettono amore eterno, ma il loro rapporto subisce una brusca interruzione quando il giovane è costretto a partire per la Guerra d’Algeria. Non ricevendo più notizie dal suo amato, Geneviève, incinta, è spinta dalla madre (Anne Vernon) a sposarsi. Guy, una volta tornato, farà lo stesso. I due si incontreranno di nuovo la notte di Natale del 1962, con le rispettive famiglie.

Interamente cantato, Demy si impossessa del musical classico modellandolo su un gusto tipicamente europeo della messa in scena che rinuncia allo sfarzo delle coreografie e ai numeri di danza: rimane un delicatissimo mélo di candore cristallino, che abbraccia l’arte tout court attraverso la finzione cinematografica. Una favola contemporanea di palpitazioni amorose sussurrate, in cui il naturale scorrere degli eventi è accompagnato dalle carezzevoli note di #MichelLegrand e la ricerca del pathos rifiuta qualsiasi convenzione di genere. Perfetto nella sua felice miscela di sottile malinconia e ammaliante romanticismo, rimane un modello di rappresentazione scenica sospesa tra realismo e incanto fiabesco. Straordinario il lavoro sul colore (fotografia di Jean Rabier), che trasforma gli scorci di Cherbourg, colti nella loro autenticità (il porto, i vicoli, le passeggiate), in un’espressiva scenografia en plein air dalle sgargianti cromie che seguono gli stati d’animo dei personaggi. Clamoroso successo di critica e pubblico. Palma d’oro, Premio OCIC e Grand Prix tecnico al Festival di Cannes, Premio Louis-Delluc e quattro nomination all’Oscar. [Longtake]

«Le parole cantate coabitano con la mirabile e ormai mitica partitura musicale di Michel Legrand, che collaborerà successivamente con il regista anche per l’altro suo capolavoro, “Les demoiselles de Rochefort”, diverso eppur miracoloso proseguimento di una visione sospesa e magica. Come si evince dalla colonna sonora il suo autore ha come  formazione culturale l’opera e il jazz con elementi che felicemente si fondono in un’unica grande sinfonia popolare.

I cinque lungometraggi che Jacques Demy ha realizzato negli anni 60 compongono un ideale continente fatto di rimandi, raccordi e rime interne, citazioni o addirittura personaggi che sbarcano da una costa all’altra (Roland Cassard giunge ad esempio da “Lola, donna di vita”). E quelle di Demy sono città portuali dove è il set del film che guarderemo che sbarca, dove i personaggi vanno e vengono, dove la ricerca dell’amore (perduto, immaginato, sognato) è una costante, dove le note musicali sono figure. Dove la distanza necessita sempre di accorgimenti.


La mancanza è radicata fin dalle premesse del racconto, con quella costante assenza della figura paterna che attanaglia quasi sempre i personaggi demyani. Mentre coevi esempi di Nouvelle Vague si dirigevano verso ragionamenti più direttamente politici, Jacques Demy si immobilizza nella fase fanciullesca della vita. Le sue storie sono dominate da eroi ed eroine  che sono costretti a crescere loro malgrado: incapaci di accettare realmente il trascorrere degli anni, si dirigono con dignità verso il compromesso e l’accettazione, senza per questo cancellare un’aria di malinconia che si staglia lungo il tragitto della vita. Non è certamente un caso che Demy sia nato nella portuale Nantes. Il cineasta fa dunque del suo cinema una ricerca di anni e cose perdute, la ricognizione di ricordi e affida all’arte la possibilità di un eterno ritorno ai verdi anni. Cinema che sa restituire la brillantezza delle passate avventure ma che al contempo emana una inevitabile nostalgia di una visione che necessita di artifici per rivivere.» [Diego Capuano, ondacinema.it]

CINEMA TEATRO BELLINZONA
via Bellinzona 6 – BOLOGNA
parcheggio gratuito in cortile interno