IL RAGAZZO SELVAGGIO di Truffaut compie 50 anni al Bellinzona

Giovedì 3 ottobre, alle ore 20:45, diamo inizio a uno dei cicli tematici di questa nuova stagione: IL MESTIERE DI VIVERE, il cinema e l’adolescenza. Il primo titolo, che quest’anno compie la bellezza di 50 anni, sarà L’ENFAT SAUVAGE (Il ragazzo selvaggio) di François Truffaut!

𝐋’𝐄𝐍𝐅𝐀𝐍𝐓 𝐒𝐀𝐔𝐕𝐀𝐆𝐄 (Il ragazzo selvaggio)
Francia / 1969 / 85 min / v. o., sott. italiano
dal libro “Les Mémoires et rapport sur Victor de l’Aveyron” di Jean Itard.Ingresso: €6,00
Introduce: IVAN CIPRESSI, Libreria di Cinema Teatro Musica

Estate 1798, alcuni cacciatori catturano, nei boschi dell’Aveyron in Francia, un ragazzo di circa dodici anni, che si aggira come un animale selvatico, mugolando, graffiando e mordendo. Il film è diretto e interpretato da François Truffaut, ed è ispirato a una storia vera. Il medico Jean Itard, figlio del secolo dei lumi, riesce a farsi affidare il ragazzino, rifiutando la tesi dei maggiori luminari, che lo considerano irrecuperabile. Il film basato sugli appunti originali del dottore, racconta in un magistrale bianco e nero, il rapporto, fra Jean Itard (interpretato dallo stesso regista) e il “ragazzo selvaggio” che ha assunto nel frattempo il nome di Victor. La sfida intrapresa dal medico per “educare il ragazzo” è trattata con un taglio rigoroso quasi didascalico, ma anche con uno stile poetico inconfondibile. Girato nel 1969 con un cast di attori protagonisti: François Truffaut, Jean-Pierre Cargol, Françoise Seigner.

«La storia del ragazzo cresciuto solo, allo stato brado, nelle foreste dell’Aveyron, in Francia e quindi catturato verso il 1800 e affidato al dottor Jean Itard, direttore dell’Istituto dei sordomuti, che ne fece l’oggetto di un esperimento pedagogico condotto secondo il più rigoroso metodo illuminista, viene raccontata nell’ultimo film di François Truffaut, Il ragazzo selvaggio. Come si può vedere nel film, l’esperimento ebbe un successo parziale. Giunto sulla soglia della coscienza, il ragazzo si fermò senza varcarla. È vero che la pubertà di Victor ispirò al dottor Itard la speranza di far fare al suo allievo il salto qualitativo dall’animalità all’umanità. Ma la morale impedì di affrontare questa fase decisiva dell’esperimento. Dice il dottor Itard nella sua relazione: “Non dubitavo che se si fosse osato rivelare a questo giovane il segreto delle sue inquietudini e il fine dei suoi desideri, se ne sarebbe tratto un vantaggio incalcolabile. Ma, d’altro lato… non dovevo forse temere di rivelare al selvaggio un bisogno che… l’avrebbe portato ad atti di una indecenza rivoltante?” Ahimè, illuminista ma non freudiano, Itard non ebbe il coraggio di spingersi in un territorio allora non solo sconosciuto ma anche proibito. Il trauma dell’infanzia (il ragazzo, dopo un tentativo di infanticidio, era stato abbandonato dai genitori nella foresta) non fu mai sormontato.

Victor, non più che semiumano, morì nel 1828. François Truffaut, di fondo illuminista come tutti i registi della nouvelle vague, non poteva non essere attirato dal tema del ragazzo selvaggio. Regista elegante, misurato, dalla mano leggera e dall’attenzione intelligente e delicata, Truffaut ha saputo recuperare nel suo film la parte migliore delle due relazioni del dottor Itard, vogliamo dire la generosa illusione illuminista mischiata a una inconsapevole pietà cristiana. Sarebbe stato facile fare di maniera un film d’epoca con una ricostruzione storica arguta e una lieve presa in giro di speranze e di credenze defunte. La gravità, l’ingenuità e persino la bontà di Itard vi si prestavano. Ma Truffaut ha evitato queste facilità e ci ha dato un film misterioso, tutto pervaso di un malessere e di un’amarezza che ne rendono penosa e poco “divertente” la visione. Sotto la storia semplice e lineare, affiora il dilemma; valeva la pena di fare di Victor un uomo? Non sarebbe stato meglio lasciarlo alla natura per niente matrigna che l’aveva salvato e allevato? A questa perplessità dobbiamo le cose migliori del film.

Da una parte le scene bellissime dei “ritorni alla natura”, con Victor che scappa di casa, che si lascia infradiciare beato dalla pioggia, che si aggira per i boschi nello splendore del plenilunio. Dall’altra le scene pedagogiche, con gli sforzi didattici di Itard e le ribellioni e le docilità patetiche del ragazzo. François Truffaut con Il ragazzo selvaggio ha fatto uno dei suoi film più belli. Alla bellezza del film contribuiscono certamente le due ottime interpretazioni del dottor Itard da parte di Truffaut medesimo e soprattutto di Victor da parte di Jean Pierre Cargol, un ragazzo scimmia di impressionante e pietosa verità.» [Alberto Moravia, da Al cinema, Bompiani, Milano, 1975]

CINEMA TEATRO BELLINZONA
via Bellinzona 6 – BOLOGNA
parcheggio gratuito in cortile interno